A motori spenti regna un silenzio assordante. A Maranello in particolare, dove la sosta invernale della F1 è ancora più muta del solito. Le parole non dette spesso finiscono per alimentare pettegolezzi e indiscrezioni, fanno ancora più rumore. Fino a domenica non era in programma nemmeno il tradizionale incontro di fine anno con la stampa e sarebbe strano se fosse annunciato lunedì, quell’evento era l’occasione per bilanci e strategie future. Il brindisi natalizio aveva resistito ai cambiamenti più profondi, all’avvicendamento fra Luca di Montezemolo e Sergio Marchionne. La monoposto 2019 è praticamente pronta, dalla galleria del vento trapelano i primi spifferi e sono positivi. C’è un ventenne impaziente, Charles Leclerc, e un quattro volte iridato, Sebastian Vettel, in cerca di identità e riscatto. E allora perché tanta riservatezza dopo aver ripetuto che bisogna aprirsi di più? Forse perché prima bisogna mettere ordine in casa.
Il compito spetta al presidente John Elkann. Ultimamente il nipote dell’Avvocato ha intensificato la frequenza delle visite a Maranello. Considera la Ferrari il gioiello di famiglia e deve farla risplendere. Ha ereditato l’organizzazione della scuderia da Sergio Marchionne, non ha toccato nulla in questi mesi, le sue apparizioni in pubblico sono state rarissime. Ma ora è chiamato a ripristinare serenità e compattezza nella squadra.
La Ferrari, per bocca di Maurizio Arrivabene, ha sempre smentito spaccature e faide nel gruppo, ha bollato le voci su un’uscita del direttore tecnico Mattia Binotto come «fake news». Ma nei giorni successivi al Gp di Abu Dhabi l’ingegnere reggiano ha chiesto e ottenuto un incontro con i vertici per capire come muoversi. Le alternative non gli mancano, ha ricevuto offerte da diversi team, se decidesse di accettarle dovrebbe comunque restare ai box dodici mesi per il riposo forzato. Ma lui vorrebbe restare per proseguire la missione incompiuta: riportare il Mondiale sulla via Emilia. Per farlo chiede chiarezza, tutela dei ruoli e serenità nell’ambiente. Non gli hanno fatto piacere le continue sottolineature sui limiti della macchina da parte di Vettel e Arrivabene. Come se la sconfitta contro la Mercedes fosse stata determinata solamente da motivi tecnici, anche venerdì al galà della Fia a San Pietroburgo Seb ne ha parlato ancora: «Ci manca l’ultimo step per poter lottare per il titolo fino alla fine». Il team principal, pur sottolineando i troppi errori del tedesco che hanno compromesso in estate la corsa al titolo, ha sposato la tesi del suo pilota. Quella di una «vettura non dominante», ricordando come alcuni sviluppi non abbiano dato i risultati sperati.
Che fra Arrivabene e Binotto ci siano divergenze di pensiero e stile lo sanno anche i sassi, quanto siano lontani lo sanno solo loro. Ed è questa distanza che agita la Ferrari, che non vince dal 2008 (titolo costruttori). È possibile trovare un compromesso? Ripartire senza distruggere quanto di buono fatto con la consapevolezza di lottare contro la Mercedes, una delle squadre più forti sempre? Raccontano che anche Piero Ferrari sia sceso in campo per tentare una mediazione.
John Elkann può scegliere di confermare il tandem Arrivabene-Binotto facendo tutti gli aggiustamenti del caso perché i due lavorino con maggiore armonia al prossimo campionato. Le novità sono tante: cambia l’aerodinamica, una svolta che potrebbe ridurre il dominio argentato. Nel box rosso c’è una coppia inedita, Leclerc punterà a vincere subito come si è capito dai primi test. Vettel avrà un compagno più «scomodo» di Kimi Raikkonen che avrebbe voluto ancora accanto. Un campione da ricostruire, un ragazzo da testare: è una situazione che richiede delicatezza e polso.
Le altre opzioni? Confermare il pieno appoggio ad Arrivabene, correndo il rischio che Binotto vada via. Oppure scaricare il team principal per salvaguardare il reparto tecnico. Chi sarebbe il candidato al posto di Arrivabene? A quanto pare non Binotto, che non hai mai manifestato pubblicamente interesse a quel ruolo. Qualunque sia la decisione andrà presa in fretta.
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