Dodici a otto. Alfa Romeo meglio di Haas nel mondiale Costruttori. Al sesto posto in Australia di Kevin Magnussen con la VF-19, che ha fatto da biglietto da visita per la squadra americana con base tecnica a Varano de’ Melegari, hanno fatto da contraltare i tre risultati a punti di Kimi Raikkonen con la C38 che fanno della squadra di Hinwil la quarta forza del mondiale insieme alla Renault con 12 punti iridati, mentre il team diretto da Gunther Steiner è sesto staccato di quattro lunghezze.
Entrambe le squadre sono i team clienti Ferrari, anche se l’approccio delle due realtà con il mondo di Maranello è stato totalmente diverso, se non addirittura antitetico.
La Haas ha creato un nuovo modello di business per entrare in F1 a un costo ragionevole e ottenere subito dei risultati importanti. Si tratta di un approccio alle corse che sta agitando non poco il resto del paddock e, in particolare, Toto Wolff e la Mercedes che questa opportunità non l’avevano compresa all’inizio e che potrebbero seguire una strada simile con la Williams se la struttura di Grove verrà rilevata da Dmitri Mazepin, “braccio armato” del manager austriaco.
La Haas si è affidata alla Scuderia per lo studio e la progettazione della monoposto che poi è realizzata nella factory di Dallara. Oltre al telaio dal Reparto Corse arriva tutto il retrotreno (power unit, trasmissione e sospensioni) e il concetto dell’impianto di raffreddamento.
Anche il sistema frenante è by Maranello: ha destato non poche perplessità il fatto che i cestelli dei freni siano identici o quasi, mostrando che i passaggi d’aria e i condotti dei flussi sono il frutto di un identico lavoro svolto in galleria del vento.
La cosa sta facendo arricciare il naso a molti perché almeno l’aerodinamica deve essere “proprietaria” e questo episodio rivelerebbe che ci sarebbero legami diretti anche in questo ambito con il Cavallino. Se la Rossa è una monoposto competitiva, allora anche la Haas riesce a trarre risultati importanti: la “simbiosi” fra le due realtà tecniche è evidente, perché la VF-19 mostra gli stessi difetti che hanno accompagnato lo sviluppo della SF90 in questo avvio di stagione.
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La Haas, infatti, fa fatica a mandare in temperatura le gomme proprio come la Ferrari e con una Rossa in difficoltà anche la vettura americana sembra in crisi, rivelando quanto sia consistente il cordone ombelicale che lega le due realtà. Se a livello tecnico il connubio è strettissimo, non si può dire altrettanto a livello gestionale: la Haas aveva tutte le carte in regola per diventare lo junior team del Cavallino, ma la totale autonomia di pensiero in fatto di piloti rimarcata dal titolare Gene Haas, ha determinato delle ovvie divergenze di vedute.
L’americano insiste con una line-up formata da Romain Grosjean e Kevin Magnussen che non ha mai raccolto in punti l’effettivo potenziale della squadra (il francese è ancora a secco…), rifiutando l’idea di far “sbocciare” l’anno scorso il talento di Charles Leclerc, aprendo un portone a quella che era ancora la Sauber.
L’Alfa Romeo, infatti, parte da basi completamente diverse: la C38 è frutto del lavoro dello staff tecnico di Hinwil, con il direttore tecnico, Simone Resta, e il chief designer, Luca Furbatto. La monoposto elvetica, quindi, ha mantenuto la sua impronta che la rende significativamente diversa dalla SF90, per quanto il retrotreno sia figlio della Rossa alla stessa stregua della Haas.
La C38 ha mantenuto una maggiore autonomia di pensiero perché, pur avendo maggiori limiti di budget, ha sposato una sospensione anteriore più innovativa di quella della Ferrari, con il bracket utile a disassare il triangolo superiore, ma con un packaging della power unit meno estremo di quello mostrato a Maranello, mantenendo anche dei vistosi pacchi radianti sul 6 cilindri 064 che non hanno permesso di realizzare un cofano motore così filante come quello della SF90. L’Alfa Romeo, insomma, non ha problemi nella gestione delle gomme, ma con Antonio Giovinazzi ha pagato nella qualifica della Cina lo stesso problema che aveva azzoppato Charles Leclerc in Bahrain: Ferrari e Haas a Shanghai avevano montato una centralina che comanda gli iniettori di una specifica più vecchia, ma più affidabile. Sulla C38 l’aggiornamento non è stato possibile perché la “scatola” non ci stava nella pancia che non poteva essere modificata in loco.
È curioso annotare che le squadre di seconda fascia (Renault compresa) fanno fatica a portare due monoposto al traguardo, proprio per i problemi di affidabilità. Il pilota italiano aveva perso il primo turno libere in Cina a causa di una perdita d’acqua delle power unit per una banalissima fascetta che si era allentata. Un problema in sé irrisorio, ma che ha avuto un forte impatto sul weekend di Antonio.
Il “biscione”, mantenendo una maggiore autonomia tecnica, ha però stretto un legame gestionale più stretto con il Cavallino, traendo dei vantaggi indiscutibili: il legame con l’Alfa Romeo ha moltiplicato la visibilità della Sauber che si è permessa il lusso di avere un pilota come Kimi Raikkonen.
La prima delle due squadre che riuscirà a portare al traguardo due macchine, anziché una sola, potrà fare un salto di qualità importante nella conquista del quarto posto nel mondiale Costruttori lottando con la squadra di Enstone che ha lo stesso problema…
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